La
casa dove abitavamo era a poca distanza da uno dei due torrenti che
attraversano Salso ed a quel tempo gli scarichi delle acque
confluivano direttamente nel greto. Percorrendo il tragitto inverso,
grosse pantegane risalivano le tubature e non era infrequente
trovarsele in giardino, sbucate dalle bocchette dei tombini.
Certe volte imboccavano anche la via di casa.
Certe volte imboccavano anche la via di casa.
Avevamo
quindi predisposto un’ attrezzatura di contrasto: una vecchia,
dismessa coperta ed uno scopone di saggina. Quando si individuava la
ponga, le si faceva la posta ed al momento giusto le si gettava sopra
la coperta, prendendola in una sorta di rete. Poi si menava colla
scopa. Eran più le volte che scappava, ma almeno ce ne liberavamo.
Ricordo
che faceva un freddo cane, sarà stato agli inizi di dicembre di
quello stesso anno. Rientravo a notte inoltrata da non so quale
impegno e mi fermai davanti al garage per aprire il portone. Come lo
socchiusi una ponga sgattaiolò dentro. Recuperai la coperta e la
scopa e mi apprestai alla caccia.
Alla
fioca luce dei fari (per altro puntati di traverso) non focalizzavo
bene l’interno del locale, ma ogni tanto intravvedevo il movimento
del ratto, le cui sembianze ad un certo punto mi sembrò di cogliere
ferme in un angolo: era il momento di intervenire! Sollevai la
coperta pronto al lancio, anche se qualche cosa mi lasciava
perplesso: di ponghe ne avevo viste tante, ma una che continuava a
saltellare ….
Mi
risolsi comunque ad agire quando …
fi-fi-fi-fi-fi-fi
fiuuuu
Mi
sarei dato una scopata in testa da solo: come avevo fatto a scambiare
Pippo per una ponga?
Capii
quando mi precipitai ad accendere la luce: la lunga detenzione in
quella criminale gabbietta lo aveva completamente privato delle penne
della coda e delle ali! Al loro posto tre nudi moncherini. Anche le
piume sul capo, in certe parti, mancavano. Ridotto com’era,
assomigliava davvero più ad un topo che ad un merlo.
Senza
ali e senza coda non poteva certo volare.
Il
mio cervello si rifiutava di portare a sintesi quanto i miei occhi
gli trasmettevano.
Ma
il mio cuore aveva capito al volo.
QUELL’ESSERE
SUBLIME ERA FUGGITO ED ERA TORNATO A CASA A PIEDI!
Non
ho mai capito come abbia fatto: ho ripercorso più e più volte il
tragitto che separa quella villetta da casa nostra. Ho contato cinque
incroci, una scalinata, una rotonda ed un ponticello, sempre che
abbia fatto la strada più diretta. E chissà quanto tempo ha
impiegato. E chissà a quali insidie è scampato. Ma è tornato.
Se
non è fedele amore questo …
Capisco
che ritornino gatti e cani, anche da molto lontano: ma un merlo a
piedi? Se avesse potuto volare lo avrebbe guidato l’istinto,
l’orientamento, la cima degli alberi a lui noti
un
campanile, magari le antenne delle TV sui tetti. Ma a piedi?
Ma Pippo non finisce ancora di stupire ( continua)
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