martedì 7 agosto 2012

UNA BELLISSIMA STORIA VERA (quarta parte)



La casa dove abitavamo era a poca distanza da uno dei due torrenti che attraversano Salso ed a quel tempo gli scarichi delle acque confluivano direttamente nel greto. Percorrendo il tragitto inverso, grosse pantegane risalivano le tubature e non era infrequente trovarsele in giardino, sbucate dalle bocchette dei tombini.
Certe volte imboccavano anche la via di casa.
Avevamo quindi predisposto un’ attrezzatura di contrasto: una vecchia, dismessa coperta ed uno scopone di saggina. Quando si individuava la ponga, le si faceva la posta ed al momento giusto le si gettava sopra la coperta, prendendola in una sorta di rete. Poi si menava colla scopa. Eran più le volte che scappava, ma almeno ce ne liberavamo.
Ricordo che faceva un freddo cane, sarà stato agli inizi di dicembre di quello stesso anno. Rientravo a notte inoltrata da non so quale impegno e mi fermai davanti al garage per aprire il portone. Come lo socchiusi una ponga sgattaiolò dentro. Recuperai la coperta e la scopa e mi apprestai alla caccia.
Alla fioca luce dei fari (per altro puntati di traverso) non focalizzavo bene l’interno del locale, ma ogni tanto intravvedevo il movimento del ratto, le cui sembianze ad un certo punto mi sembrò di cogliere ferme in un angolo: era il momento di intervenire! Sollevai la coperta pronto al lancio, anche se qualche cosa mi lasciava perplesso: di ponghe ne avevo viste tante, ma una che continuava a saltellare ….
Mi risolsi comunque ad agire quando …
fi-fi-fi-fi-fi-fi fiuuuu
Mi sarei dato una scopata in testa da solo: come avevo fatto a scambiare Pippo per una ponga?
Capii quando mi precipitai ad accendere la luce: la lunga detenzione in quella criminale gabbietta lo aveva completamente privato delle penne della coda e delle ali! Al loro posto tre nudi moncherini. Anche le piume sul capo, in certe parti, mancavano. Ridotto com’era, assomigliava davvero più ad un topo che ad un merlo.
Senza ali e senza coda non poteva certo volare.
Il mio cervello si rifiutava di portare a sintesi quanto i miei occhi gli trasmettevano.
Ma il mio cuore aveva capito al volo.
QUELL’ESSERE SUBLIME ERA FUGGITO ED ERA TORNATO A CASA A PIEDI!
Non ho mai capito come abbia fatto: ho ripercorso più e più volte il tragitto che separa quella villetta da casa nostra. Ho contato cinque incroci, una scalinata, una rotonda ed un ponticello, sempre che abbia fatto la strada più diretta. E chissà quanto tempo ha impiegato. E chissà a quali insidie è scampato. Ma è tornato.
Se non è fedele amore questo …
Capisco che ritornino gatti e cani, anche da molto lontano: ma un merlo a piedi? Se avesse potuto volare lo avrebbe guidato l’istinto, l’orientamento, la cima degli alberi a lui noti
un campanile, magari le antenne delle TV sui tetti. Ma a piedi?

Ma Pippo non finisce ancora di stupire ( continua)

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