mercoledì 8 agosto 2012

UNA BELLISSIMA STORIA VERA (parte quinta)

In quel garage Pippo si sentiva a casa. Quando allungai la mano si aggrappò al mio dito, con una forza che intendeva trasmettermi chissà quali sentimenti. Un abbraccio non mi avrebbe emozionato altrettanto. Notai che la pianta delle zampette era mezza scorticata.
Quanta strada aveva fatto.
Lo portai in cucina, tra la incredula sorpresa della famiglia tutta che era accorsa, mezza assonnata, al mio richiamo. Che festa. Pippo saltò sul pavimento e si diresse verso l’angolo dove mettevamo di solito il mangime e la ciotolina del latte. In fretta e furia recuperammo il latte ma di becchime non ne avevamo più. Gli offrimmo un po’ di mela. Ma lui bevve solo il latte, avidamente. Poi andò sotto la TV. Rimettemmo a posto la sua gabbietta con la porta aperta e rintracciammo il grembiule. Si infilò nella sua camera da letto e lo coprimmo.
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Il giorno seguente convocai il più grande esperto di merli della provincia (l’amatissimo Don Cesare) il quale, visitato il paziente, mi rassicurò che gli arti del volo e della direzione non erano compromessi. Bisognava solo attendere che ripiumasse e tutto sarebbe tornato a posto.
Nei giorni che vennero Pippo riprese confidenza con gli ambienti che gli appartenevano e riprese anche a mangiare con appetito. Passava il tempo a zampettare di qua e di là, non potendo alzarsi un volo. Il maggior problema era che tutta la famiglia si muoveva per casa come se si camminasse sulle uova, per paura di pestarlo. Ricominciò a fare il bagnetto, anche se mi veniva un groppo in gola quando, asciugandosi, cercava le piume delle ali e della coda e non le trovava.
Il suo gioco preferito era afferrare col becco un ditale, scuotendolo e lanciandolo a terra, per poi rincorrerlo ed afferrarlo di nuovo.
Così trascorse l’inverno.
La primavera incombeva e quel merlo stava per regalarci la più inattesa delle sorprese.
(continua)

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