A dir la verità non è la prima volta che mi capita di leggere racconti vari sulle terapie antitumorali;
Vorrei essere provocatoria: siccome curare un tumore è molto costoso e fa guadagnare molti bei soldini alle case farmaceutiche (correggetemi se sbaglio), quanti soldi sareste disposti a spendere pur di salvarvi la vita o quella dei vostri cari?
E se saltasse fuori che esiste qualche sostanza (lessi una teoria sul bicarbonato di sodio) o qualche pianta (lessi anche articoli sulla graviola, Essiac ecc) in grado di curare il cancro o di dare notevoli benefici . . . e se la sostanza o pianta in questione non costasse tanto e di conseguenza non fosse fonte di alti guadagni? a chi converrebbe studiarla a fondo e metterla in commercio a tale scopo?
Le domande sono 2:
1) E se fossero tutte cavolate?
oppure
2) E se invece tutto questo fosse vero?
ECCO COSA DICE L'ARTICOLO:
Sulla rivista Nature è stata pubblicata una scoperta proveniente da uno studio statunitense, la quale affermerebbe che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro, in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crscita e rende "immune" il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti evidenti danni del DNA delle cellule sane circostanti l'area colpita dal tumore.
Quest'ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la soppravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempo tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio, salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Poi prosegue appoggiando per esempio il metodo Di Bella ecc...
io comunque spero sempre che la ricerca vada avanti, soprattutto dove ci sono dei segnali di speranza, perchè le malattie purtroppo sono democratiche: colpiscono tutti, ricchi e poveri.
Fonte: giornalsentire.it
La scoperta arriva da Parigi e ha del clamoroso: la chemioterapia aiuta la crescita tumorale dopo i primi trattamenti.
Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
- See more at: http://giornalesentire.it/article/effetti-collaterali-chemioterapia-rivista-nature.html#sthash.PJSkbGIl.dpuf
Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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La scoperta arriva da Parigi e ha del clamoroso: la chemioterapia aiuta la crescita tumorale dopo i primi trattamenti.
Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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La scoperta arriva da Parigi e ha del clamoroso: la chemioterapia aiuta la crescita tumorale dopo i primi trattamenti.
Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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La scoperta arriva da Parigi e ha del clamoroso: la chemioterapia aiuta la crescita tumorale dopo i primi trattamenti.
Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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Pubblicata sulla rivista Nature, la scoperta è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata: difficili da eliminare nel corpo umano, sono invece estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Stupefacente (ma non del tutto) che in Italia non abbia avuto il clamore che meritava. Già Gino Strada ci aveva raccontato che la medicina ufficiale è dominata da molti calcoli: di business.
Non sono poche le persone che decidono di affrontare un cancro lavorando sulla propria alimentazione e stile di vita, rifiutando di immettere veleni.
Innalzare le proprie difese immunitarie all'aggressione delle cellule malate che si riproducono, infatti la miglior ricetta di cura. Questa è anche la regola su cui si basa il Metodo Di Bella.
Dallo studio parigino emerge che la chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune' il tumore a ulteriori trattamenti.
Sono stati scoperti "evidenti danni nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La novità conferma un elemento noto da tempi tra gli oncologi: i tumori rispondono bene alle prime chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti chemioterapici.
Ma ci sono metodi alternativi come il metodo Di Bella che venne affossato anni fa da una discussa sperimentazione scientifica autorizzata dall'allora ministro alla salute Rosy Bindi, e condotta alterando i protocolli di somministrazione in barba alle raccomandazioni dello stesso scienziato inventore del metodo.
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