venerdì 3 agosto 2012

UNA BELLISSIMA STORIA VERA (PRIMA PARTE)

STACCO PER UN ATTIMO I CONSIGLI SULLO STILE DI VITA SANO E PRODOTTI ERBORISTICI. OGNI TANTO BISOGNA ANCHE CAMBIARE ARGOMENTO E RACCONTARE DELLE BELLE STORIE .  .  . VERE.
QUESTA è SUCCESSA TEMPO FA, PROPRIO ALLA MIA FAMIGLIA, A CASA DEI MIEI NONNI, QUANDO MIO PAPà E I MIEI ZII ERANO BAMBINI.





Questa è una storia assolutamente vera.
Nel giardino della casa dove abitavo da giovane, c’era un’alta siepe di lauroceraso, nella quale in primavera aveva nidificato una coppia di merli. Quando il giardiniere venne a cimare la siepe, fece cadere il nido.
Dentro c’erano tre merlotti appena nati: due morirono ed uno, seppur malconcio, sopravvisse.
Eravamo abituati a simili evenienze e quando trovavamo un piccolo che cadeva dal nido lo portavamo su una torretta a livello del tetto e spesso capitava che i genitori lo venissero ad accudire.
Quella volta non accade e così portammo il merlo in casa per sfamarlo.
In una precedente esperienza con un piccolo di cardellino (Pippo: dovrò raccontarvi anche questa) un muratore che stava lavorando in casa ci preparò un pastone fatto con farina bianca, farina gialla e radicchio tritato, il tutto amalgamato col latte. Lo nutrimmo imbeccandolo con uno stuzzicadenti e sopravvisse.
Altrettanto facemmo col merlo (anch’esso battezzato “Pippo”) e funzionò ancora. Solo che il merlo aveva altri appetiti e dopo qualche giorno passammo ad una dieta a base di spaghetti lessati che inghiottiva con voracità quando glieli calavamo dall’alto e di latte, di cui rimarrà sempre ghiottissimo. E poi frutta e poi più avanti qualche insetto, un vermetto … oltre ad un becchime nero che compravamo dal semenzino di Via Milano.
Insomma, crebbe.
Girava per casa implume o meglio ricoperto da una ridicola peluria, zampettando e saltellando. Quando era ora di andare a letto, ci saltava nella piega del gomito a braccio ricurvo; bisognava ricoprirlo con la mano mentre lui sbirciava dalla fessura che si formava congiungendo l’indice col pollice e quando si sentiva caldo e sicuro alzava una zampetta e rifilava la testa sotto l’ala. Allora lo spostavamo dentro una larga gabbietta, in terra sotto il mobile porta TV che coprivamo col grembiule nero di quando andavamo a scuola, chè la luce lo infastidiva, lasciando la porticina aperta. E lui dormiva. Quando voleva, usciva.
Pian piano mise le piume e cominciò a svolazzare, prima buttandosi dalla cima della gabbietta, poi da una seggiola, infine dal tavolo: imparò benissimo.
Essendo ancora piena estate, le finestre erano spalancate e lui imparò prima ad affacciarsi, poi ad uscire in giardino e quindi a librarsi in cielo aperto. Ma tornava sempre a casa, per mangiare, giocare e dormire (sempre col rito del gomito e della mano).
Ed iniziò a regalarci sempre nuove sorprese.
(CONTINUA)

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